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giovedì 29 febbraio 2024

Eroi dei Mondiali: Emmanuel Sanon

 

Quante società calcistiche intitolate a Don Bosco esistono nel mondo? Penso tantissime. Di sicuro ce n'è una in Alessandria (e ha dato il via alla carriera di Gianni Rivera), ce n'è una ad Asti e chissà quante altre ancora. Altrettanto sicuramente ce n'è una a Pétion-Ville, sull'isola di Haiti, ed è lì che è iniziata la carriera calcistica di Emmanuel Sanon (nella foto con la sua "vittima", Dino Zoff), centravanti di buon fisico e di buone qualità tecniche, eroe per caso del Mondiale del 1974 in Germania.

In quell'edizione del Mondiale realizzò entrambe le reti che la sua Nazionale riuscì a segnare nella storia della massima rassegna calcistica internazionale ma con avversari di primissimo livello: Argentina e Italia.

Fu però soprattutto il pallone messo alle spalle di Dino Zoff il più importante: per la sua carriera, per la sua Nazionale, per la storia di quel Mondiale e per la storia del portierone azzurro. Gli offrì infatti la possibilità di strappare un buon contratto in Europa con i belgi del Beerschot; diede qualche pizzico di visibilità alla formazione caraibica; segnò il crollo delle ambizioni della squadra azzurra, giunta in Germania con ottime credenziali; mise termine a un incredibile record di imbattibilità del portiere italiano, fermando il cronometro a 1.142 minuti.

In Belgio vinse una coppa nazionale, rimanendoci per sei anni per poi volare negli Stati Uniti per chiudere la carriera nei San Diego Sockers. E segnando sempre, in ogni sua esperienza professionale. Era stato anche campione della Concacaf con la sua Nazionale nel 1973.

Fermato da problemi a un ginocchio, divenne cittadino onorario di Miami e conseguì una laurea honoris causa, dimostrandosi personaggio di livello anche fuori da un campo da calcio. Alla sua morte, a causa di un cancro al pancreas, la sua Don Bosco ritirò per sempre la maglia numero 10.

(Palla al Triso)

Rappresentativa: molto bene col Derthona!


 

Prosegue il percorso di crescita programmato dai responsabili della Rappresentativa provinciale Under 14 che nel prossimo mese di maggio sarà chiamata ad affrontare le formazioni delle altre delegazioni FIGC del Piemonte.

Dopo le due sedute di Novi Ligure e di Bosco Marengo nelle quali i ragazzi convocati si era confrontati tra loro per permettere a mister Bianchini e mister Rizzi di effettuare una prima scrematura di valori, nelle scorse settimane buoni segnali di crescita e di affiatamento erano stati garantiti dalla sfida ai coetanei del Monferrato, partecipanti al campionato provinciale.

Ieri sera, sul sintetico del CentoGrigio, l'asticella delle difficoltà si era alzata in maniera consistente, mettendo di fronte alla Rappresentativa i pari età del Derthona che stanno affrontando le loro sfide a livello regionale.

Ottimo il responso del campo che, andando al di là del risultato finale (vittoria dei giovani in grigio per 2 a 1) ha proposto un gruppo che sa stare in campo, già discretamente affiatato e capace di produrre alcune giocate di assoluto valore, quale quella che ha portato, al termine di un veloce scambio ripetuto tra più giocatori, alla rete del pareggio, dopo il momentaneo vantaggio tortonese. 

Segnali quindi estremamente positivi per il duo Bianchini-Rizzi che ora avranno ancora un paio di appuntamenti durante i quali poter portare a termine le loro valutazioni al fine di definire la rosa che affronterà l'impegno regionale e che permetteranno ai ragazzi di conoscersi meglio e di perfezionare intesa e forza del "gruppo".

(Palla al Triso)

Rangers Glasgow: gli undici più forti di sempre

 

E' sempre stata considerata come l'espressione della comunità protestante di Glasgow, in contrapposizione con i cattolici del Celtic. La rivalità con i concittadini in biancoverde è "sacralizzata" dall'Old Firm, la sfida più importante di ogni stagione calcistica scozzese che contrappone le due società con il maggior numero di scudetti vinti (a dire il vero la quasi totalità di quelli offerti dal "mercato").

Nella bacheca dei Rangers trovano posto 55 campionati scozzesi, 34 coppe nazionali, 28 Coppe di Lega, una Scottish Challenge Cup e una Coppa delle Coppe. Risalita da poco nel massimo campionato scozzese, dopo aver subìto l'infamia dei campionati minori a causa di un fallimento societario, la squadra si è immediatamente riproposta quale unica, credibile alternativa al Celtic.

Tra i grandi che hanno vestito la maglia blu dei Rangers c'è anche l'italiano Lorenzo Amoruso, primo storico capitano cattolico.

Eccoli gli undici: 

1 Andy Goram, 2 William "Sandy" Jardine, 3 Richard Gough, 4 Ian Durrant, 5 John Greig, 6 Lorenzo Amoruso, 7 Gordon Durie, 8 Sandy Archibald, 9 Derek Johnstone, 10 Brian Laudrup, 11 Alistair "Ally" McCoist.

In panchina: Eric Caldow, Jim Forrest, Terry Butcher, James Tavernier, Jim Baxter e Paul Gascoigne.

(Palla al Triso)

mercoledì 28 febbraio 2024

Celo/manca: figurine del "nostro" calcio - Piero Roncati


 

Dici Juve e pensi a Boniperti. Dici Milan e pensi a Rivera. Dici Roma e pensi a Totti. Dici Monferrato e pensi a Roncati! (nella foto, al centro)

 

Piero col suo sorriso sempre stampato in faccia, con la sua barba inconfondibile, con la sua Lancia Fulvia HF color melanzana, con la sua voglia di fare calcio sempre. A quanti ragazzi ha fatto firmare il cartellino: alcuni bravi calciatori, alcuni discreti, alcuni improponibili ma ugualmente “arruolati”, perché “tutti devono giocare a calcio e divertirsi…” Quante distinte compilate…ai limiti del consentito, con nomi, età, fotografie che magari non trovavano effettivo riscontro in qualcuno di quei ragazzi che scendevano in campo. Tutti devono poter giocare! Quante carte di identità rivedute e corrette: circolai per qualche mese con un anno in meno sul groppone, fino a quando, nel corso di un controllo con il motorino, il maresciallo Da Ros non si accorse della “variazione” e, sapendomi giocatore del Monferrato, la collegò immediatamente all’arte calligrafica del buon Roncati!

 

Piero era però anche tanto altro.

 

Era passione, era entusiasmo, era impegno profondo, era capacità di divincolarsi nei meandri dei regolamenti, della burocrazia, dell’organizzazione di una società di calcio che su di lui e sulla sua presenza assidua e ininterrotta aveva posto le condizioni della propria stessa sopravvivenza. In gialloblu Roncati è stato tutto. Dirigente, allenatore, presidente, segretario; lo ricordo portiere di riserva in alcune formazioni della prima squadra, guardalinee (quando ancora non si chiamavano assistenti), massaggiatore; lo ricordo accompagnato da Michele Bonacci (il postino partenopeo tutto simpatia e “cazzimma”); lo ricordo al fianco di tutti quelli che sono passati nel Monferrato, apprezzato e amato da tutti, perché per tutti aveva sempre un sorriso, una battuta, un incoraggiamento.

 

Lo ricordo, infine, quell’ultima volta che gli ho parlato, dopo che la vita lo aveva costretto ad allontanarsi dal suo campo, dal suo Monferrato, da quella che era sempre stata la sua esistenza. Sì, Roncati aveva veramente “sposato” il Monferrato, amandolo di un amore corrisposto. Il suo fisico faticava a rispondere ai suoi comandi, ma bastava parlare del Monferrato e il suo sorriso  e i suoi occhi tornavano a brillare di gioia, riconoscente nei confronti di una società, di un ambiente, di una famiglia a cui lui aveva dato tutto e dalla quale ha ricevuto in cambio l’affetto e la riconoscenza di tutti.

 

(Palla al Triso)

Tragedie nel calcio: Honduras - El Salvador


(Tratto da "I Mondiali di Jules Rimet" - Bradipolibri)

Che da una partita di calcio due nazioni arrivino a dichiararsi guerra sembra troppo. Eppure, tra Honduras ed El Salvador si arriva a tanto. La chiameranno "la guerra del calcio" e trova nel confronto di qualificazione per i Mondiali del 1970 la miccia che dà fuoco alle polveri. Da alcuni anni la tensione cova sotto la cenere, lasciando trasparire che, da un momento all'altro, e per un qualsivoglia motivo, la rabbia possa esplodere. Per un lungo periodo, molti contadini salvadoregni sono emigrati nel confinante Honduras, alla ricerca, facilmente soddisfatta, di fertili terreni coltivabili. Il fenomeno si fa sempre più consistente col passare degli anni, tanto da portare i due governi a sottoscrivere un accordo che fissi regole precise e certe nelle operazioni di transito. La colonia salvadoregna si fa sempre più numerosa e potente, tanto da far nascere negli honduregni un senso di fastidio nei loro confronti. Nel '68, a seguito di continue tensioni, il governo emana una legge che proibisce la proprietà salvadoregna dei terreni. Gli honduregni si sentono così in diritto di riappropriarsi di campi, tenute e piantagioni, espropriando i coltivatori stranieri.

In occasione della gara di andata (l'8 giugno 1969 allo Stadio Nacional di Tegucigalpa), i tifosi di casa ne approfittano per dimostrare tutta la loro antipatia nei confronti degli ospiti. Sul campo, i salvadoregni, pur schiacciati nella loro area, sembrano poter resistere. All'ultimo affondo Wells trova l'angolo giusto e segna.

La partita di ritorno è in programma per la settimana successiva. Allo stadio Flor Blanca di San Salvador, i padroni di casa ribaltano tutto: 3 a 0 e si dovrà andare allo spareggio. Ma dal momento in cui l'arbitro fischia la fine della gara inizia la cronaca politica, o meglio, la Storia. Gli honduregni danno in escandescenze. Il popolo scende in piazza, i leaders politici prendono la palla al balzo per dare voce a uno stato latente di insoddisfazione. A più di trecentomila salvadoregni vengono concesse ventiquattr'ore per lasciare il paese. Le sedi diplomatiche rompono i rapporti e a San Salvador viene decretato lo stato d'assedio E' guerra.

Nonostante tutto la Fifa fissa per il 27 giugno a Città del Messico data e luogo dello spareggio. Le misure di sicurezza sono accuratissime, la paura che tutto sfoci in violenza è altissima. I due governi mettono a disposizione voli gratuiti per i tifosi: si prevede un'invasione. I messicani però non ci stanno e limitano a un massimo di diecimila tifosi per ognuna delle due nazioni, divisi da duemila poliziotti in assetto di guerra.

I giocatori in campo danno il buon esempio e la partita, pur tirata e combattuta, si dipana tranquilla. Anche nei supplementari le tensioni extra calcio restano fuori dal terreno di gioco. La rete di Quintanilla fissa il 3 a 2 in favore di El Salvador e al termine ai giocatori restano appena le energie per stringersi sportivamente la mano. L'ennesimo esempio di quanto lo sport possa essere veicolo di pace.

(Palla al Triso)

Eroi dei Mondiali: Giancarlo De Sisti


Vinse uno scudetto, due Coppe Italia, una Coppa delle Fiere e una Mitropa Cup: non male, tutto sommato, per un calciatore che non giocò sicuramente in società abitualmente ai vertici delle classifiche nelle varie competizioni, quali la Roma e la Fiorentina.

Fu però con la maglia azzurra della Nazionale che "Picchio" De Sisti (nella foto) raggiunse forse i traguardi più interessanti della sua carriera, caratterizzata da quasi 500 gare di Serie A, corredate da 50 reti segnate. Con la Nazionale il numero 10 romano, che stabilì un legame profondo anche con Firenze, dove si svolse buona parte della sua vita calcistica, visse la grande conquista del campionato europeo del 1968 e l'esaltante esperienza della rassegna iridata messicana del 1970, che lo consacrò come protagonista del calcio a livello mondiale.

Visione di gioco, grande tecnica, capacità di effettuare anche lunghi lanci smarcanti verso le punte ne hanno fatto un elemento imprescindibile per il Commissario Tecnico Valcareggi, che in un'epoca in cui aveva a disposizione eccellenti interpreti come Rivera, Mazzola, Juliano, Bulgarelli mai si privò della geometricità e della lucidità di De Sisti in mezzo al campo, mai mettendolo in discussione e... relegando al ruolo di "staffettisti" i grandi campioni delle squadre milanesi.

La sua capacità nel leggere i movimenti e le situazioni di campo De Sisti seppe trasferirle anche alle successive esperienze da allenatore, quando guidò la Fiorentina, l'Udinese, per poi svolgere compiti tecnici in ambito federale.

"Aver giocato e vinto la storica partita contro la Germania Ovest all'Azteca è una medaglia al valore che mi porto nel cuore... ma quanto 'mme rode d'avé perso la finale cor Brasile!"

(Palla al Triso) 


martedì 27 febbraio 2024

Portiere: un ruolo unico!

 

Dall'evoluzione del ruolo al cambio di mentalità conseguente alle variazioni regolamentari fino all'unicità dei compiti del portiere. Per il terzo anno l'Accademia Portieri Alessandria ha dato vita a un appuntamento che è entrato di diritto nel calendario sportivo della provincia alessandrina.

Ieri sera, in una sala incontri del CentoGrigio di Alessandria stracolma di spettatori (nella foto il tavolo dei relatori) Corrado D'Ettorre, Andrea Giacobbe e Sandro Beccari, responsabili dell'Accademia alessandrina e della sezione vercellese, hanno radunato un gruppo di relatori di assoluta eccellenza che hanno saputo trasferire agli intervenuti importanti nozioni didattiche, curiosità, piccoli e grandi segreti sulle tecniche e sulle dinamiche della preparazione e dei comportamenti del portiere, ruolo che ha dovuto affrontare straordinari cambiamenti negli ultimi anni e che ha assunto un'importanza sempre più fondamentale nel contesto di una squadra di calcio.

Grazie alla collaborazione del Panathlon alessandrino e della LND-Piemonte Valle d'Aosta, rappresentati da Peo Luparia e Marco Giacobone, e all'aiuto costante dei tanti partners che sostengono l'attività dell'Accademia, i responsabili hanno potuto, con piena soddisfazione, confermare tutti i passaggi di crescita avvenuti negli ultimi tempi, a partire dall'importantissima affiliazione alla Genoa Academy.

Serata resa particolarmente interessante, come detto, da una parterre di relatori d'eccezione.

Da Claudio Maiani, trent'anni da preparatore dei portieri alla Juventus, che ha sostanzialmente confermato una dichiarazione abbastanza provocatoria di Dino Zoff che aveva affermato che su cento tiri solamente due o tre sono veramente imparabili a Luca De Prà, Responsabile dell'area portieri del Genoa e nipote di Giovanni, portiere della Nazionale negli anni '20, che anche attraverso una serie di filmati ha dato vita a un'interessante rassegna di posizionamenti dei numeri uno; da Vittorio Gozzoli, allenatore dell'Under 14 dei Grigi, che ha spiegato come il portiere sia sempre più integrato nel concetto di squadra, a Fabrizio Alandi, referente dell'Associazione Italiana Allenatori ed ex bomber, che ha commentato i motivi per cui è più perdonabile un errore di un attaccante rispetto a quello di un portiere.

Si è poi proseguito con il "mito alessandrino" Andrea Servili, preparatore dei portieri grigi, chiamato a spiegare quanto sia importante per un portiere vivere il ruolo sempre al massimo della concentrazione e come fare per acquisirla ad Enrico Vaudagna, preparatore dei portieri del Torino, che ha commentato il diverso stato emotivo vissuto dai portieri ma anche dai difensori in occasione dei passaggi all'indietro per i quali non è più possibile intervenire con le mani.

Ospite d'eccezione, in collegamento video da Brighton, Agostino Tibaudi, collaboratore storico di mister De Zerbi e preparatore atletico della società inglese che, come al solito, ha saputo interessare la platea parlando di come sia vissuto il ruolo in Inghilterra e ha svelato quanto a livello di tempi e di carico di lavoro in Italia l'impegno sia maggiore, cercando di trovare anche le motivazioni per cui, nonostante ciò, i ritmi e l'intensità del calcio d'oltre Manica appaiano con evidenza ben superiori.

Una bellissima serata di approfondimento, preludio della quarta edizione già in programma per l'anno prossimo!

(Palla al Triso) 

Eroi dei Mondiali: Jürgen Sparwasser

 

E' il 77° minuto di una partita del Mondiale del 1974 che si sta giocando in Germania: quella dell'Ovest, perchè in quegli anni il muro di Berlino è ancora ben saldo e molto lontano dall'essere abbattuto. Una partita completamente diversa da tutte le altre di quel Mondiale e con un valore simbolico assolutamente unico.

Di fronte ci sono Germania e Germania: da una parte quella dell'Ovest, padrone di casa e favoritissima per la vittoria finale, dall'altra quella dell'Est, parente povera del calcio tedesco e ancora oppressa dall'influenza sovietica.

I panzer in maglia bianca hanno vinto le due precedenti sfide, mentre i blu dell'Est hanno superato l'Australia ma solamente pareggiato col Cile. In ballo c'è la vittoria nel girone.

In quel 77° minuto si verifica il fatto che consegna Jürgen Sparwasser (nella foto nel momento più importante della sua carriera calcistica) alla storia, di più: alla leggenda!

Schwarzenbeck e Vogts tentano di opporsi, inutilmente, e anche Maier nulla può fare per intercettare la battuta di Sparwasser: è la rete che dà la vittoria ai "parenti poveri" di oltre "cortina di ferro", che fa di Jürgen un vero e proprio eroe nazionale, che consegna il primo posto del girone, spedendo però al successivo turno i blu tra le grinfie di Olanda e Brasile.

Beckenbauer e compagni, da secondi, finiscono in un girone con le più malleabili Polonia, Jugoslavia e Svezia e trapela maliziosamente la voce di una sconfitta quasi programmata a tavolino, al fine di evitare confronti sulla carta molto più proibitivi. Balle! Quel gol di Sparwasser rappresentò una "vergogna" per il calcio dell'ovest, che ancora oggi brucia sulla pelle della Germania...libera!

Dopo quel gol la vita del centrocampista tedesco (che vincerà in carriera tre campionati, quattro Coppe  e una Coppa delle Coppe in finale con il Milan) proseguì tra le ombre orientali, portandolo a conseguire anche una laurea in ingegneria meccanica e a essere considerato traditore della patria quando, approfittando di una sfida tra vecchie glorie si trasferì all'Ovest, tra le braccia di chi aveva fatto piangere in quel 77° minuto.

(Palla al Triso) 

FormAzione Allenatori a Casalnoceto: edizione 2024

(Nella foto: un'immagine dell'edizione 2023) E' stato defintivamente ufficializzato il programma dell'edizione 2024 dell'...