Quante società calcistiche intitolate a Don Bosco esistono nel mondo? Penso tantissime. Di sicuro ce n'è una in Alessandria (e ha dato il via alla carriera di Gianni Rivera), ce n'è una ad Asti e chissà quante altre ancora. Altrettanto sicuramente ce n'è una a Pétion-Ville, sull'isola di Haiti, ed è lì che è iniziata la carriera calcistica di Emmanuel Sanon (nella foto con la sua "vittima", Dino Zoff), centravanti di buon fisico e di buone qualità tecniche, eroe per caso del Mondiale del 1974 in Germania.
In quell'edizione del Mondiale realizzò entrambe le reti che la sua Nazionale riuscì a segnare nella storia della massima rassegna calcistica internazionale ma con avversari di primissimo livello: Argentina e Italia.
Fu però soprattutto il pallone messo alle spalle di Dino Zoff il più importante: per la sua carriera, per la sua Nazionale, per la storia di quel Mondiale e per la storia del portierone azzurro. Gli offrì infatti la possibilità di strappare un buon contratto in Europa con i belgi del Beerschot; diede qualche pizzico di visibilità alla formazione caraibica; segnò il crollo delle ambizioni della squadra azzurra, giunta in Germania con ottime credenziali; mise termine a un incredibile record di imbattibilità del portiere italiano, fermando il cronometro a 1.142 minuti.
In Belgio vinse una coppa nazionale, rimanendoci per sei anni per poi volare negli Stati Uniti per chiudere la carriera nei San Diego Sockers. E segnando sempre, in ogni sua esperienza professionale. Era stato anche campione della Concacaf con la sua Nazionale nel 1973.
Fermato da problemi a un ginocchio, divenne cittadino onorario di Miami e conseguì una laurea honoris causa, dimostrandosi personaggio di livello anche fuori da un campo da calcio. Alla sua morte, a causa di un cancro al pancreas, la sua Don Bosco ritirò per sempre la maglia numero 10.
(Palla al Triso)